gardachefparty
Lo scorso week end a Riva del Garda si è svolto #GardaChefParty, un momento di incontro tra “food blogger” e alcuni operatori del settore. E’ stata l’occasione per approfondire alcune tematiche a me molto care, tra cui la comunicazione “digital” delle aziende del settore.
Ne ho approfittato per una riflessione sui social network, sulle straordinarie opportunità che offrono, ed allo stesso tempo sui limiti che necessariamente pongono.
Sono partito da un concetto a me caro.
Il tweet di Paola Faravelli
Potrebbe sembrare scontato, ma molte aziende tendono a sottovalutare questo aspetto, e ad usare gli spazi di comunicazione social come li usano le persone. Non sto parlando delle aziende che “chiedono l’amicizia” su Facebook (comportamento che considero ai limiti della accettabilità), ma di tante aziende che faticano a trovare una loro dimensione nel complesso mondo digitale.
Il modello di business delle piattaforme social è evidente: attrarre un elevato numero di persone, profilarle quando possibile, e vendere poi visibilità alle aziende.
Personalmente ho sempre considerato Facebook la piattaforma ideale per la promozione turistica. Permette di creare delle comunità che si raccolgono attorno ai brand ed ai loro valori, e di costruire uno spazio di approfondimento su tematiche che gli stessi brand (se lavorano bene) riescono a controllare efficacemente. Funziona, anche grazie alla straordinaria capacità di profilare gli utenti e di generare messaggi coerenti alle aspettative. Però su Facebook, è bene ricordarlo, la capacità di raggiungere i propri fan è sempre più bassa (la cosiddetta reach organica), e per comunicare su Facebook è ormai necessario pagare. Nulla di male, basta (bisogna!) saperlo.
Discorso diverso per Twitter. Va usato per interagire con le persone, per comprendere aspettative ed esigenze dei clienti (reali e potenziali), non va invece bene per attività di branding e diffusione di contenuto, soprattutto visto l’incredibile volatilità dei contenuti della piattaforma. I tassi di visibilità dei tweet sono bassi e la visibilità potenziale (calcolata con le metriche dei follower) è ben diversa da quella reale. L’effimera visibilità dei contenuti non vale il costo che comporta.
Di Instagram è inutile che ne parli, perché mi rifaccio integralmente all’analisi di Gianluca Diegoli che ha spiegato magistralmente come sia difficile per una azienda uscire dal ruolo di “paria”. Leggetelo, merita.
Pinterest vi interesserà solo se avete un mercato oltre oceano, mentre per Google Plus voglio riutilizzare questo geniale schema ideato per i QR Code. Sostituite “QR Code” con “Google Plus” e trovate il mio punto di vista (forse dovrei registrare il sito shouldiusegoogleplus.com).
Youtube è una contenitore straordinario, ma i budget per costruire video di qualità sono impegnativi. E i video diventano virali solo “dopo” aver avuto successo. Chiunque proponga la realizzazione di un video virale, sta bluffando.
Cosa resta?
Certamente Whatsapp, da troppi ignorato, e una fila infinita di altre soluzioni, che trovano senso solo in situazioni particolari.
E’ importante considerare che la comunicazione sui social network costa (soprattutto se si creano dei contenuti) e che non tutti i social network sono uguali.
E soprattutto:
Il tweet di Valentina Masotti
I risultati che si possono ottenere da una attiva azione sui social network sono spesso sovrastimati. Essendo difficilmente misurabili, tendono ad essere considerati più di quanto valgano davvero, in parte anche perché “moda del momento”. Ci sono tantissime “best practices” che ci inducono a pensare che siano strumenti di gran successo, ma sono spesso casi relativi a grandi aziende che uniscono ad una ottima comprensione delle dinamiche di comunicazione anche budget assolutamente inavvicinabili per gli operatori del turismo.
Si deve quindi fare una attenta selezione, ricordando che i social network sono spazi pensati per le persone. Le aziende devono lavorare offline per fare in modo che in rete ed sui social network si parli di loro, e poi raccogliere i risultati di questo lavoro online. Da anni sono impegnato in questo campo, e sono sempre più convinto che la content curation sia una soluzione importante.
A #gardachefparty ho infatti concluso dicendo: “diamo una casa ai nostri social network”.
Gli spazi online vanno progettati in modo che siano stabili e duraturi, raccogliendo quanto di meglio si dice in rete, integrando con i contenuti ed i servizi propri, selezionati e di qualità, cui si cerca di dare la massima valorizzazione (che durino più di un effimero tweet).
Per anni si è pensato che il vecchio sito web fosse ormai quasi “fuori moda”, da tenere per forza. Invece va valorizzato, reso più efficace, svecchiato e reso dinamico proprio grazie alla integrazione della comunicazione social raccolta tramite la content curation.
I social network vanno usati principalmente per interagire con i fan, e per stimolarli a diventare gli ambasciatori ed i portavoce dei valori offerti dal brand. Per poi “rubacchiare” questi contenuti come piccoli Robin Hood, gratificando i fan in tutti i modi possibili.
Perché spesso si spendono risorse significative per eventi e attività, dimenticandosi della risorsa più importante che può avere un operatore turistico: i suoi clienti, potenziali ed acquisiti.
Per rivedere la presentazione, di seguito trovate le slide.
Update del 25 marzo
Avendo a disposizione i numeri dell’evento, approfitto dell’occasione per affrontare l’annoso tema “blogger si, blogger no” e di fare un ragionamento su quale valore un evento come #GardaChefParty può dare ad un operatore, ad un territorio e/o ad un evento.
Partiamo da chi ha organizzato. Tonelli Hotels merita indubbiamente un plauso se non altro per il coraggio.
Non sono a conoscenza di quanto sia costata l’iniziativa, quindi non posso sapere se dal punto di vista economico “ne valeva la candela”, di certo posso dire che l’iniziativa ha creato molto movimento in rete e stimolato la produzione di contenuti. Di certo Tonelli Hotels ha raccolto molto materiale, tante foto alcune anche molto belle. Ad oggi non c’è traccia di tutto questo materiale sul sito dell’hotel, per cui mi sento di dire che l’esperimento è, per ora, riuscito a metà. Ma siamo ancora a ridosso dell’evento e sono certo che sapranno capitalizzare l’investimento effettuato. Non sono un professore e non sta a me dare pagelle. Fare i complimenti però si, quelli posso farli.
Oltre a Tonelli Hotels, anche gli operatori che hanno contribuito all’evento devono valorizzarne i risultati, ed in particolare i produttori locali; limitarsi alla “presenza” durante l’evento non è produttivo, soprattutto per il fatto che i blogger devono essere considerati dei “promotori” del prodotto, e non certamente dei futuri consumatori.
Relativamente al territorio che lo ha ospitato invece, è stata invece una occasione sprecata.
Poco è uscito sull’evento, poco o niente è stato riusato su altri spazi digitali. L’APT locale si è limitata a “presidiare il terreno” (peraltro con buoni risultati) senza minimamente osare. Del Trentino non c’è traccia, di altri operatori nemmeno l’ombra. Peccato. Perché eventi di questo calibro non possono essere organizzati come oasi nel deserto. Se non trovano terreno fertile nel territorio in cui sono organizzati, sono destinati ad avere un successo limitato, forse effimero.
Infine i famosi “food blogger”.
Iniziamo a mettere le mani avanti: “non è il mio mondo“. Quando sono in un contesto in cui sono a “scrocco” io sono a disagio. Detesto l’idea di godere di un servizio (che sia un pasto, un evento, un soggiorno), senza essermelo meritato. Peggio ancora, se chi me lo offre “si aspetta da me qualcosa”. Amo invece essere ospite, amo quando un amico mi offre qualcosa, ma non perché “non lo pago” ma per il fatto che offrire qualcosa è sintomo di trasporto affettivo che mi gratifica.
[adesso faccio il diplomatico] E’ evidente che a #gardachefparty la mia posizione non era maggioritaria. Ero attorniato da schiere di Food Blogger che instagrammavano anche le fughe delle piastrelle e twittavano a manetta (addirittura durante l’approfondimento scientifico) pur di meritarsi l’invito al prossimo evento. Persone autoproclamatesi “influencer”, una casta chiusa che pare autoalimentarsi e vivere in un circolo di auto-mutuo-aiuto.
Con alcuni di loro ho avuto modo di confrontarmi, ed è evidente che non tutti i blogger sono uguali. Ci sono certamente persone che credono nel loro lavoro e lo fanno con il giusto spirito, consapevoli del ruolo e del contributo che rappresentano. Dalla mia personale esperienza, non sono la maggioranza.
Non credo che il valore di questi eventi sia legato ai blogger. Verrò smentito ma non mi aspetto che nei prossimi giorni escano pezzi di alto “bloggerismo”, né mi aspetto che la reputazione degli alberghi Tonelli venga migliorata dai tweet scorsi a fiumi nei giorni scorsi, tanto da portare #Gardachefparty in trending topic. Il valore di questo evento sta nel contenuto persistente che fotografi e blogger hanno prodotto, sempre che qualcuno saprà usare questo materiale nel tempo; e sta anche negli insegnamenti che i vari attori protagonisti di questo evento sapranno trarre dall’esperienza.
Altrimenti sarà solo un fuoco di paglia, destinato ad essere spento dal prossimo evento (chessò un vinitaly a caso, magari già il giorno dopo).