L’inverno che non c’è (più)

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Le pratiche sostenibili nel turismo faticano ad emergere, sebbene i segnali di cambiamento siano inequivocabili. Ma è ora di pensare al turismo del futuro.

 

Trento, inizio marzo, 2019.

Non mi lamento, questo sole meraviglioso e queste temperature miti sono una vera pacchia. Le piante del mio terrazzo hanno i germogli, le montagne sullo sfondo conservano una parvenza di neve solo in cima, e solo sui versanti nord. Non stupisce più nessuno, ormai. A febbraio abbiamo avuto temperature fuori da ogni norma, il cambiamento climatico lo osserviamo tutti, tutti i giorni.

“dalla seconda decade del mese [di febbraio ndr] […] il clima si è fatto improvvisamente primaverile, con temperature da stagione inoltrata che in molte zone del continente, e anche dell’Italia, hanno oltrepassato i record storici. Record in Gran Bretagna […] valori estivi nella Francia meridionale dove i termometri sono saliti fino a 27°C. In Italia, in particolare al Centro-Nord, le temperature hanno facilmente oltrepassato i 20°C: nuovi record sono stati eguagliati e in qualche caso anche leggermente superati, in particolare negli ultimi giorni del mese su Toscana, Lazio, Emilia Romagna e Veneto…” [vedi].

I cambiamenti climatici

Non sono un esperto di cambiamenti climatici. Cerco di comprenderli, un po’ li studio. sono certo in grado di dire se il prossimo Natale sarà nuovamente senza neve (come quattro degli ultimi cinque) e non so prevedere se l’anno prossimo la stagione potrà aprire a dicembre e quanto durerà. Quello che però intuisco è che se in pianura padana (e in tutta Europa) a febbraio le temperature sono quelle di maggio, è inevitabile che la voglia di andare a sciare passi.
Questa stagione invernale sulle Alpi sarà difficoltosa. Non ho numeri per dirlo, quelli arriveranno, con calma. Ma è inevitabile, febbraio è andato così così, e marzo sarà complicato.
Gli operatori della neve reagiscono nell’unico modo che conoscono. Se c’è meno neve, facciamo altri impianti, se non nevica, facciamo i bacini di accumulo, e così via.
Qui in Trentino ha fatto sorridere l’annuncio del nuovo assessore provinciale al turismo all’inaugurazione di una nuova seggiovia:

“La Provincia ha compreso pienamente l’importanza dello sci alpino e continuerà a sostenerlo

tanto che il giornalista ha scritto quello che avrei voluto dire io:

Sembra una frase uscita dritta dritta dagli anni ‘80

Questo è, dal mio punto di vista, il punto cruciale: l’incapacità di guardare oltre.
Non si tratta di demonizzare lo sci alpino, ci mancherebbe. Lo sci alpino sulle Alpi è una straordinaria industria, che regge un comparto vitale per l’economia di questi territori di montagna, che senza il turismo avrebbero grosse difficoltà.

Guardare avanti

Si tratta però di cominciare a guardare oltre, a intraprendere percorsi di sviluppo di soluzioni alternative.
Quando circa 25 anni fa si iniziarono a fare i primi mercatini di Natale, la promozione verteva sull’integrazione alla vacanza sugli sci. “Visto che vieni a sciare in Alto Adige, perché non allunghi visitando i mercatini?” È passato un quarto di secolo, ed ora è esattamente l’opposto. Lo sci a dicembre è poca roba (il ponte di S. Ambrogio, oltre che Natale), convincere le persone a venire è dura. Invece i mercatini sono esplosi, ed è tutto ribaltato: “Visto che vieni per i mercatini, non è che vuoi farti anche una sciata?”.
Chi lo avrebbe detto, 30 anni fa.
Fare nuovi impianti e aumentare i bacini di raccolta è una soluzione vecchia ad un problema nuovo: non basterà.

  1. Affronta il problema solo dalla parte degli operatori, e non da quella degli ospiti.
  2. Cerca di mantenere uno status quo senza porsi nella testa degli unici attori fondamentali in questo processo: i turisti.
  3. Ignora totalmente quella richiesta pressante di sostenibilità ambientale, di modelli alternativi, di tutela dei nostri territori già messi tanto alla prova da situazioni di overtourism e fenomeni atmosferici fuori norma.

Lo stesso vale per l’estate, sia chiaro. Le valli dolomitiche sono un unico serpentone di traffico da metà luglio a fine agosto, ma l’unico vero obiettivo è incrementare i flussi, e che l’anno prossimo ci mandi un buon +3%!
I passi dolomitici sono un’arena per le corse motociclistiche, ma di chiuderli al traffico guai a parlarne, che non sia mai che poi funziona.
Qualcuno ci ha provato, negli ultimi anni.

Dolomitesvives

Il progetto #Dolomitesvives era un progetto meraviglioso che prevedeva la chiusura al traffico del passo Sella per nove mercoledì in alta stagione (luglio e agosto). La montagna si poteva quindi godere in modo diverso, accedendo con mezzi sostenibili (a piedi, in bici, con mezzi elettrici o con il trasporto pubblico). Era andato così così, con molti aspetti positivi e qualche criticità. Ed ovviamente lo hanno affossato, nel 2018 è stato ridicolizzato e nel 2019 non resterà nulla.

Sportiva outdoor paradise

Al passo Rolle invece una società con grandi ambizioni e tanta progettualità (La Sportiva) aveva pensato un progetto di rilancio del passo, che prevedeva tra le tante cose anche di dismettere un impianto di risalita, notoriamente in perdita, per creare un parco di promozione delle attività outdoor (non ci faceva Ikea, per capirci).

Apriti cielo!

Solo immaginare di cambiare il modello consolidato aveva fatto infuriare tutti, tanto che gli impianti sono stati acquistati da una società di impianti “per rilanciare il passo”. Impianti che nella stagione 2018/2019 sono stati desolatamente chiusi perché antieconomici.

Questa è la situazione: piuttosto che permettere di sperimentare modelli alternativi, meglio rimetterci dei soldi, tenere chiuso, sia mai che le cose cambino.

Il turismo del futuro, sostenibile

Purtroppo di cambiamento, di innovazione, si parla tanto ma si fa sempre troppo poco. In un mondo in pesante trasformazione però, l’errore più grande che si può fare è stare fermi ad aspettare. Ad aspettare che il tempo cambi e torni la neve come ai bei tempi, oppure che questa moda del turismo sostenibile passi dalla testa dei turisti, e così via.

Invece servirebbe uno sforzo collettivo che metta insieme l’azione di tutti gli operatori per sperimentare modelli alternativi, per avviare iniziative complementari, per iniziare a immaginare il turismo di qui a trent’anni.

L’alternativa è sperare che tornino gli anni ’80, che purtroppo pare sia l’orientamento più in voga di questi tempi.

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