Di overtourism, di diritti e di doveri

Grandi navi a Venezia - foto di Dan Davison

Grandi navi a Venezia - foto di Dan Davison




L’overtourism sta trasformando città, luoghi d’arte e siti archeologici, spiagge e montagne, invasi dai turisti. La sostenibilità è ad alto rischio, che si può fare?

 

Overtourism

I recenti eventi dell’acqua alta a Venezia hanno riportato all’attenzione il pericolo che la città corre e la follia di tante pratiche turistiche ormai fuori controllo. È uno degli effetti, tra le altre cose, del fenomeno chiamato Overtourism.

Ci sono mille definizioni di overtourism, che suonano più o meno così:

The phenomenon of a popular destination or sight becoming overrun with tourists in an unsustainable way

[Rafat Ali, fondatore di Skift]

Il turismo, da fattore di crescita e sviluppo, da economia primaria che genera valore e offre opportunità, si è trasformato in una bestia che divora il territorio con modalità non sostenibili nel tempo.

Non solo a Venezia, purtroppo. Le città più a rischio nel mondo sono nove: Roma, Amsterdam, Barcellona, Parigi, Praga, Stoccolma, San Francisco, Toronto e Vancouver, ma anche molti siti storici ed archeologici sono in grossa  difficoltà, basti pensare a luoghi straordinari e fragili come Machu Picchu o Angkor Wat.

tramonto a Angkor Wat - Cambogia

tramonto a Angkor Wat – Cambogia

È un fenomeno relativamente recente, perlomeno su scala globale, che però pare inarrestabile.

Il turismo è un’industria in grande salute, il numero di viaggiatori cresce a ritmi sempre più sostenuti e non pare destinato a calare negli anni a venire.

La crescita del numero di viaggiatori nel tempo - fonte UNWTO

La crescita del numero di viaggiatori nel tempo – fonte UNWTO

Airbnb

Uno degli indicatori più evidenti di questo fenomeno si nota nelle città d’arte, dove i centri storici sono colonizzati da Airbnb. I numeri sono impressionanti.

Airbnb a Firenze

Airbnb a Firenze

Le analisi di insideairbnb rivelano la criticità della situazione attuale nei centri storici delle città di tutto il mondo. Situazione che comporta impatti devastanti alla qualità della vita, con le città che stanno perdendo la loro identità,  i residenti costretti ad andarsene per il costo degli affitti, e le attività locali rimpiazzate da negozi di souvenir e ristoranti per turisti.

Anche i luoghi identitari delle città perdono il loro senso. Lo storico mercato centrale di Barcellona, la Boqueria, sta progressivamente perdendo il suo senso, da luogo di acquisto per i residenti ad attrazione per i turisti, alla ricerca di selfie colorati e gustose spremute.

La Boqueria di Barcellona

La Boqueria di Barcellona

Questi fenomeni di standardizzazione delle esperienze turistiche, che portano le persone a replicare viaggi e vacanze vissuti da altri, è ulteriormente amplificato dagli strumenti e dai canali di comunicazione che usiamo quotidianamente, che fungono da stimolo a rivivere esperienze viste sui nostri social.

L’account Insta_repeat su Instagram mostra l’attitudine a replicare lo stesso scatto, la stessa posa, lo stesso sfondo, mostrando il profondo spirito di emulazione tra i turisti.

Insta_repeat su Instagram

I media fungono da amplificatori, riproponendo modelli ripetitivi verso cui molti tendono. Alcuni luoghi sono diventati riconoscibili come “instagrammable places”, al luogo si è aggiunta una componente legata al modo di riprenderlo e condividerlo sui social media, inclusi gli scorci o le pose tipiche delle immagini più famose.

A Bali è stato recentemente aperto un parco in un luogo molto panoramico. La particolarità è legata al fatto che il parco non è studiato per permettere di vedere panorami mozzafiato o vivere esperienze entusiasmanti, ma per poter riprendere posizioni e scorci progettati per essere efficaci su Instagram.

Wanagiri hidden hills

Wanagiri hidden hills

Non conta più vivere il luogo, conta solo raccontarlo.

Questi fenomeni portano ad un progressivo snaturamento dei luoghi colpiti. Un vero paradosso per il turismo.
I turisti affollano i luoghi in cerca di identità, di unicità specifiche. Con i loro comportamenti sono però i primi a condannare quei luoghi a perdere l’identità che stanno cercando.
È la sindrome di Bali, la creazione di spazi di segregazione dove i turisti si rinchiudono alla ricerca di quei valori che sono loro stessi a contaminare.

Non si deve pensare che questo riguardi solo  le città d’arte o i luoghi esotici. Tutti i territori hanno i loro fenomeni di overtourism, magari limitati temporalmente. Momenti dell’anno dove la pressione turistica è insostenibile, dove il degrado delle condizioni di vita scendono sotto la soglia minima di tolleranza. Le spiagge nel mese di agosto, le città del nord Italia nel periodo dei mercatini di Natale, le città d’arte nei periodi di ponte, le piste da sci a Natale e capodanno ecc..

Alcune città reagiscono

Per fortuna non tutto è perduto. Alcune città hanno iniziato a reagire. Ad Amsterdam hanno adottato rigide regole per limitare i flussi turistici in centro, ed hanno anche smantellato l’iconica scritta I’AMSTERDAM, figlia di un’epoca in cui Amsterdam voleva attirare flussi turistici. Ha funzionato anche troppo bene, ora di toglierla.

La rimozione della scritta I'Amsterdam

La rimozione della scritta I’Amsterdam

L’iniziativa a mio avviso più interessante è il progetto delle Superillas nel quartiere dell’Eixample, a Barcellona. Una rivoluzione urbanistica, che sta progressivamente restituendo alla città intere aree, prima dedicate esclusivamente al traffico cittadino.

Sfruttando la regolarità del quartiere dell’Eixample, progettato nel diciannovesimo secolo con una straordinaria lungimiranza, la rivoluzione urbanistica delle Superillas (che potremo chiamare i super quartieri) prevede di restituire al traffico lento e pedonale tutte le aree interne ai super quartieri.

Superillas a Barcellona

Superillas a Barcellona, immagine da uomoplanetario.org

Una vera rivoluzione, un progetto coraggioso e complesso, centrato sulla rivalutazione della vita nei quartieri, il ripristino della centralità dei residenti e della qualità delle loro vite, negando il predominio delle auto nella città.

Un progetto coraggioso e ambizioso, non alla portata di tutti. Ma questo non deve scoraggiare. Si possono fare interventi importanti anche senza rivoluzionare l’urbanistica di una città, come il progetto Grifo Parking a Sirmione.

Una grifo car in movimento in centro storico a Sirmione

Una grifo car in movimento in centro storico a Sirmione

Oppure si può adottare l’urbanismo tattico, come fatto in molte città americane e recentemente anche a Milano, che mira a liberare spazi per creare spazi di socialità in luoghi precedentemente dominati dal traffico e dalle auto.

Ma non c’è solo l’urbanistica per ricostruire la centralità dei cittadini nelle città. La città di Helsinki ha lanciato un servizio digitale finalizzato a dare valore ed enfasi alle buone pratiche sostenibili di cittadini (e di turisti).

Serve agire percontrastare i fenomeni di overtourism e riportare in condizioni di maggiore sostenibilità i luoghi turistici.

Di diritti e di doveri

Serve trovare il coraggio di ripensare le nostre città, di costruire nuove normalità modificando quelle attuali. Stiamo da tempo agendo sui nostri doveri: abbiamo imparato che dobbiamo fare cose nuove, come per esempio la raccolta differenziata o pagare per parcheggiare un’auto su suolo pubblico. Ma agire sui nostri doveri non basterà.

Dobbiamo iniziare a lavorare sui nostri diritti. Ad accettare che il diritto alla sostenibilità del nostro pianeta viene prima dei nostri diritti individuali.

Andare in centro in auto, o parcheggiare davanti a casa nostra NON è un nostro diritto.

Lasciare le immondizie in un cestino NON è un nostro diritto, chi le produce se le riporta anche a casa.

Consumare indiscriminatamente le risorse del pianeta NON è un nostro diritto, ed è giusto imporre dei limiti.

Ed anche viaggiare NON è un nostro diritto. È invece giusto che alcuni luoghi vengano tutelati, che alcuni flussi vengano limitati, che alcuni comportamenti vengano ridotti. Le grandi navi a Venezia (per dirne una) devono scomparire.

Chissà che con una nuova politica di doveri, e di diritti, non si riesca a limitare un degrado che altrimenti sembra inarrestabile.

 

Overtourism from Sergio Cagol

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