Storytelling e Turismo




Il mio contributo al recente #Bewizard2015

Non è una gran novità che il turismo sia uno dei settori che, storicamente, si pone all’avanguardia nella sperimentazione di nuovi trend, linguaggi, tecnologie, servizi. Il nostro modo di viaggiare è cambiato significativamente nel giro di una quindicina d’anni, subendo una trasformazione radicale che, nello stesso periodo, non ha uguali in altri ambiti.
Non stupisce quindi che nel mondo del turismo ci sia una significativa sperimentazione di modalità “nuove” di comunicazione, tanto che “storytelling” appare ormai quasi una parola fuori moda, per certi versi abusata. Di storytelling si parla da un po’ e tanti ci stanno provando. Dalle sperimentazioni ad un uso efficace e consapevole su larga scala, necessariamente però, ce ne passa.

Per approfondire la tematica, ho accettato volentieri l’invito a contribuire alla ricerca “Hospitality tales” dedicata allo storytelling nel ricettivo, realizzata in occasione dell’ultimo Bewizard, svoltosi a marzo 2015 a Rimini e presentata sul palco da Lidia Marongiu. La presentazione ha coinvolto dieci esperti, il cui contributo sarà sintetizzato in un lavoro in corso di pubblicazione.

Ci hanno posto cinque domande, stimolanti e non scontate; di seguito le mie risposte.

1. Che cosa significa per te fare storytelling nel turismo?
Siamo in un periodo di profonda trasformazione, in cui il progresso tecnologico sta abilitando un radicale cambiamento dei comportamenti delle persone. Questo vale anche nel mondo della comunicazione, dove nuove tecnologie e nuovi canali di comunicazione (in primis “mobile” e social media) permettono a tutti di divenire “attori protagonisti” della comunicazione. Si è venuto così a creare un rapporto ed un legame nuovo tra il turista ed il territorio che lo ospita, comportando uno stravolgimento in modalità di interazione e di comunicazione da tempo consolidate.
Il turismo è da sempre un mondo ad alto tasso di innovazione, dove i trend emergono in maniera anticipata e dove le tecnologie trovano facile sviluppo. In questo contesto, le esigenze e le aspettative dei “nuovi turisti” sono sempre più sofisticate: la ricerca di autenticità e di unicità, l’enfasi sulle esperienze “vere”, la rinnovata voglia di scoperta, la conseguente fuga da stereotipati modelli di omologazione stanno spingendo destinazioni ed operatori turistici a comunicare con forme nuove, a passare dalla comunicazione al racconto, cercando dialogo e empatia con gli interlocutori.
Lo storytelling diventa quindi una delle forme comunicative più consone per rispondere alle richieste emergenti dei nuovi turisti. Perché permette di attivare forme di comunicazione “alla pari” e di posizionare la comunicazione ad un livello di riconoscibilità immediato. Utilizzare attivamente lo storytelling significa accettare anche alcuni degli elementi fondamentali delle nuove modalità di comunicazione emerse in questi ultimi anni, primo fra tutti la perdita di controllo e la conseguente delega ad altri, ai turisti stessi.
Quindi storytelling per una destinazione e per un operatore non significa solo raccontarsi con modalità narrative nuove, ma anche farsi raccontare dalle storie di chi il territorio e le esperienze le ha vissute.

2. In che modo lo storytelling aiuta a sostenere gli obiettivi di business delle aziende ricettive?
In un mondo sempre più globalizzato, dove una componente significativa del business transita per flussi digitali, la comunicazione è sempre più importante.
E’ evidente che rimane fondamentale la capacità di gestire al meglio la destinazione, di innovare il prodotto, di migliorare l’offerta ed offrire una ospitalità adeguata. Se però non si riesce a comunicare in maniera efficace la propria offerta, si resterà invisibili ad una componente significativa di potenziali turisti, con evidenti impatti negativi sui fatturati e marginalità degli operatori.
In questo contesto, le tecniche di storytelling sono uno strumento potente e moderno di interazione e comunicazione coi turisti. Quando si parla di storytelling non si deve infatti esclusivamente pensare a “raccontare una storia”. Una foto su instagram, un post su facebook, un video anche breve possono raccontare delle storie con la stessa potenza di un racconto, magari lasciando aperte diverse chiavi di interpretazione che permettono ad ognuno di “trovarci la propria storia”.
Se si riescono ad innescare queste modalità di coinvolgimento e di interazione con gli ospiti, se si riesce a far sì che si identifichino nelle storie ed a stimolarli a crearne di loro, allora si sarà costruita una relazione efficace, ed i nostri ospiti saranno meglio disposti a tornare nelle nostre strutture e nei nostri territori, anche quando l’offerta di booking.com magari li spinge dall’altra parte del mondo promettendo risparmi di pochi euro.

3. Secondo te esiste un modo per misurare la revenue dello storytelling nel turismo?
La domanda è sensata e difficile, la risposta necessariamente articolata.
Diciamo innanzitutto che prima di misurare ci si dovrebbe dare degli obiettivi, altrimenti diventa impossibile comprendere se il numero che ottengo è positivo o negativo. Un milione di pagine viste di un sito sono tante o poche? Dipende da che sito è, che azioni ho fatto, cosa volevo ottenere ecc.
Dato per buono che ci si sia dati degli obiettivi, va da sè che misurare è fondamentale. Una delle straordinarie opportunità che offre la rivoluzione digitale è proprio la possibilità di misurare l’efficacia delle nostre azioni. Misurare è importante, permette di comprendere se una azione ha dato i frutti sperati, di intervenire al momento giusto se serve, di tarare investimenti e ottimizzare eventuali sprechi.
Purtroppo (o per fortuna) non si può misurare tutto.
Difficile misurare l’efficacia di un fiore fresco sul tavolo delle colazioni. Fossi un albergatore non smetterei di farlo solo perché non lo posso misurare.
Venendo allo storytelling, credo che metriche dirette sul revenue di un albergo siano davvero difficili da realizzare. Passare da una azione di marketing alla conversione della prenotazione è un percorso lungo.

Le stesse OTA, che fanno degli alti tassi di conversione la loro ragione di sopravvivenza, sono obbligate ad azioni di “branding” il cui impatto sarà difficilmente misurabile.
Si tratta quindi di identificare obiettivi di comunicazione e di darsi metriche di riferimento coerenti. Per esempio, una strategia di comunicazione integrata che usi lo storytelling potrebbe darsi come obiettivo la raccolta di indirizzi email per poter avviare/rinforzare le campagne di comunicazione diretta. Oppure stimolare la conversazione sui canali di interesse per creare una comunità che si riconosce nel messaggio lanciato dal territorio e/o dalla struttura.
Dipende quindi dagli obiettivi che ci si pone e dalle strategie che si mettono in azione.

4. Ci puoi segnalare un albergo o un’altra azienda ricettiva che ritieni abbia adottato una buona tecnica di storytelling?
Per me qui è facile. Da trentino, non posso non segnalare Pineta Hotels in val di Non. Usano lo storytelling in maniera naturale ed efficace su tutti i canali di cui dispongono, primi fra tutti i canali offline.

5. Perché l’albergo o altra azienda ricettiva che ci segnali ritieni che sia un buon esempio?
Pineta Hotels è uno di quei posti dove trovi armonia. Il giusto mix tra gestione familiare e gestione professionale creano le condizioni per cui in una struttura di dimensioni medio/grandi (perlomeno per lo standard trentino) non solo ci si possa sentire come a casa, ma si possa stare molto meglio che a casa propria.
Non è una pensioncina o un albergo di pochissime stanze, dove tutto questo può essere più facile. Al Pineta Hotels si respira la tradizione della famiglia, la loro umanità, la loro genuinità: il tutto in un clima di massima professionalità.
Tutto questo si ribalta in maniera naturale anche online, dove sono abili a trasportare la loro specificità sui diversi canali digitali, con la capacità di adattare il messaggio al mezzo ed all’obiettivo che si sono prefissi.
Sul loro sito, per esempio, “ci mettono letteralmente la faccia”.
Usano Instagram per fare dei contest fotografici (per esempio #pinetanaturalmente).

Si raccontano gioiosamente su youtube.

Su Facebook raccontano le loro esperienze e quelle dei loro ospiti, hanno una pagina dedicata per fare gli auguri digitali ai loro ospiti, e ogni giorno se ne inventano una.
L’eccellente strategia di marketing permette loro di avere un elevatissimo tasso di riempimento e una intermediazione con le OTA quasi nulla.
Il merito di tali risultati è da ricercare in un mix sapiente di mille ingredienti, una ricetta difficile e in parte segreta. Uno degli ingredienti di questa ricetta è certamente legato alla capacità di interpretare al meglio i moderni strumenti di comunicazione digitale, tra cui lo storytelling assume un ruolo determinante.

Hospitality Tales. Dieci opinioni e casi di studio sullo storytelling nel ricettivo from Studio Giaccardi & Associati – Consulenti di Direzione

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